Interruzione misure straordinarie per Covid 19 del Fondo Est

Interrotta la copertura sanitaria ai  dipendenti in sospensione per causale Covid 19 iscritti al -Fondo Est

In riferimento alle disposizioni di legge recanti misure a sostegno delle imprese in relazione all’emergenza Covid- 19, il  Fondo Est per l’assistenza sanitaria integrativa “Commercio, Turismo, Servizi e Settori affini”, aveva deciso di prorogare la copertura di tutte le prestazioni, dirette ed assicurate, previste dal Piano Sanitario del Fondo per tutti i dipendenti il cui rapporto di lavoro sia stato sospeso con causale Covid per un intero mese.
Tuttavia, si porta a conoscenza dei Consulenti del Lavoro e Centri servizi che gestiscono le aziende iscritte al Fondo che, essendo decadute le disposizioni di legge recanti misure a sostegno delle imprese in relazione all’emergenza Codiv19, sono decadute anche le iniziative del Fondo, che hanno permesso negli ultimi due anni di garantire le prestazioni sanitarie, dirette ed indirette, ai lavoratori sospesi dal lavoro, per un intero mese, con causale Covid.
Pertanto, nel caso in cui dovessero essere inviati per errore file Xml dipendenti relativi a periodi contributivi del 2022 con il campo sospensione caratterizzato dalla “C”, attribuito ad uno o più nominativi, saranno considerati come una normale sospensione e pertanto i lavoratori non verranno posti in copertura sanitaria.

Uneba Puglia – Elemento di Garanzia dal 1 gennaio 2022

Uneba Puglia comunica che per gli enti della regione devono procedere all’erogazione della Quota A di cui all’art. 43 del CCNL di settore

Uneba, con comunicato del 2/3/2022, informa che le trattative sul contratto regionale Uneba Puglia, si sono concluse senza un accordo in merito all’erogazione dell’Elemento di garanzia.
Pertanto, come prevede l’art. 43 del CCNL per le istituzioni socio assitenziali Uneba, del 20/1/2020, tutte le organizzazioni della Puglia che applicano il Contratto Uneba dovranno procedere con l’erogazione della “quota A” (€ 20,00 di incremento tabellare), con decorrenza 1/1/2022.

Licenziamento: recesso operato in frode alla legge

9 mar 2022 Non è consentito al datore di lavoro tornare sulle scelte compiute quanto al numero, alla collocazione aziendale ed ai profili professionali dei lavoratori in esubero, ovvero ai criteri di scelta dei singoli lavoratori da estromettere, attraverso ulteriori e successivi licenziamenti individuali la cui legittimità è subordinata alla individuazione di situazioni di fatto diverse da quelle poste a base del licenziamento collettivo.

La Corte di appello territoriale ha rigettato il reclamo proposto dall’azienda avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato la nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al lavoratore in frode alla legge, perché fondato sulle medesime ragioni che avevano dato luogo in precedenza ad un licenziamento collettivo e senza, tuttavia, che ne fossero stati rispettati gli adempimenti previsti ed in particolare senza alcuna comparazione con gli altri dipendenti.
Per la cassazione della sentenza l’azienda ha proposto ricorso, sostenendo che nello specifico non fosse ravvisabile alcun intento elusivo o fraudolento, evidenziando che al lavoratore non sarebbe stata preclusa l’adesione alla fase di risoluzione volontaria concordata in sede sindacale e che dunque questi non avrebbe potuto lamentare la mancata comparazione con gli altri lavoratori, caratteristica della procedura di licenziamento collettivo che, di fatto, non era stata mai attivata.
La Corte ha rigettato il ricorso, riconoscendo l’identità delle ragioni poste a fondamento della procedura collettiva e di quelle invocate per giustificare il recesso dal rapporto di lavoro con il dipendente in questione e ha ribadito il consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di licenziamento collettivo, la gestione procedimentalizzata è volta a realizzare l’effettivo coinvolgimento del sindacato nelle scelte organizzative dell’impresa, vincolando l’imprenditore al loro rispetto anche dopo la chiusura della procedura; pertanto realizza uno schema fraudolento il licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto per gli stessi motivi già addotti a fondamento di un precedente licenziamento collettivo (Corte di Cassazione, Ordinanza 07 marzo 2022, n. 7400).

Agevolazioni “prima casa” su immobili in costruzione

In caso di immobile in costruzione acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa”, i lavori di costruzione devono essere ultimati entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita. Il mancato rispetto del termine comporta la revoca dei benefici. (Corte di Cassazione – Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5180).

La controversia riguarda la revoca delle agevolazioni “prima casa” in relazione all’acquisto di un immobile in costruzione, in seguito al parziale accatastamento con sdoppiamento in due unità immobiliari di cui una ad uso abitativo e l’altra risultante ancora in costruzione.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente, affermando l’illegittimità della pretesa tributaria in ragione del fatto che tutto l’immobile costituiva un’unica abitazione e lo “sdoppiamento” catastale, avvenuto successivamente all’acquisto, aveva natura “tecnica” e non sostanziale.
La decisione è stata riformata dalla Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha eccepito la legittimità della revoca dei benefici “prima casa” in considerazione della mancata ultimazione dei lavori entro il termine di decadenza imposto all’Amministrazione per i dovuti controlli sul rispetto dei requisiti di spettanza (tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita).

La Corte Suprema ha affermato che non vi è dubbio che i cd. benefici “prima casa” debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione; la norma agevolativa intende promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, sicché è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi “distintivi” già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata.
Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto.
Sulla base di tali principi, dunque, si è affermato in giurisprudenza l’orientamento che riconosce i benefici della “prima casa” all’acquirente di immobile “in corso di costruzione” da destinare ad abitazione “non di lusso”.
Considerato che la norma agevolativa non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile, deve ritenersi applicabile il principio generale secondo il quale, quando la legge non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso.
Pertanto, nel caso di agevolazioni “prima casa” fruite per un immobile in costruzione, il contribuente deve realizzare la finalità dichiarata di destinare a “prima casa” l’immobile acquistato entro tre anni dalla richiesta di registrazione dell’atto di compravendita; ne consegue che entro detto termine devono essere ultimati i lavori, pena la revoca dei benefici.
Una diversa interpretazione che posticipi i controlli alla data di ultimazione dei lavori, comporterebbe un differimento sine die dell’attività di verifica, privandola di significato.
Nel caso di specie, il contribuente ha provveduto entro il termine triennale ad attribuire a parte dell’immobile la categoria A/2, e ad altra parte la categoria F/3 (fabbricati in corso di costruzione) avente carattere provvisorio, legittimando la revoca dell’agevolazione, in considerazione della mancata realizzazione della finalità dichiarata nell’atto di acquisto.

Servizi di demolizione nave: non imponibilità

Solo in presenza di tutti i requisiti sia sostanziali che procedurali è possibile emettere fattura in regime di non imponibilità (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 08 marzo 2022, n. 97)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco  una srl in qualità di prestatore di servizi relativi alla demolizione delle navi di cui alla lett. a) del 1° comma dell’art. 8 bis del Decreto IVA riferisce di avere ricevuto incarico da una S.p.a. di effettuare lavorazioni connesse alla demolizione su una nave soggetta a sequestro da svariati anni che conseguentemente non ha effettuato nell’anno precedente alcun viaggio in alto mare.
Pertanto la S.p.a. non ha inviato telematicamente alcuna dichiarazione di alto mare di cui al comma 3, dell’articolo 8-bis del Decreto IVA, in quanto trattasi di nave destinata alla demolizione.
La demolizione è stata portata a termine dalla S.p.a.
A riguardo la srl chiede di sapere se possa fatturare l’operazione in regime di non imponibilità IVA ex articolo 8-bis del Decreto IVA.
Per l’Amministrazione finanziaria la Srl sembra essere un “fornitore indiretto” avendo ricevuto l’incarico di effettuate alcune lavorazioni dalla S.p.a.
In proposito, pertanto, ha precisato che il fornitore diretto deve trasmettere/comunicare gli estremi del protocollo della dichiarazione, rilasciato dall’Agenzia delle entrate, ai propri cedenti e prestatori (i. e. fornitori indiretti) che abbiano titolo ad applicare il regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis. Infatti, ciascun fornitore, diretto o indiretto, è tenuto ad indicare il protocollo della dichiarazione rilasciato dall’Agenzia delle entrate nelle fatture emesse.
In conclusione solo in presenza di tutti i requisiti  sia sostanziali che procedurali, sarà possibile emettere fattura in regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis.