Residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti: AdE illustra le nuove regole

L’Agenzia delle entrate illustra gli effetti delle modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale (D.Lgs. n. 209/2023) in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti in vigore dal 2024 (Agenzia delle entrate, circolare 4 novembre 2024, n. 20/E).

Il D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, ha dato attuazione a taluni degli interventi previsti dalla Legge delega, con cui è stata conferita al Governo la delega per la
revisione del sistema tributario nazionale, al fine di improntarlo ad una maggiore coerenza e uniformità con i principi previsti dall’ordinamento dell’UE, dall’OCSE e dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia.

Tra i criteri direttivi previsti dalla citata Legge delega, rientra la revisione della normativa in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti disciplinata, rispettivamente, dagli articoli 2 e 73 del TUIR.

 

Una nuova “residenza” per le persone fisiche

A seguito delle modifiche normative, la semplice presenza sul territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile, incluse le frazioni di giorno) è sufficiente a configurare la residenza fiscale in Italia.

Con il nuovo documento di prassi l’Agenzia delle entrate rende chiarimenti sul computo delle frazioni di giorno ed illustra che per effetto dell’introduzione del nuovo criterio della presenza fisica, le persone che lavorano in smart working nello Stato italiano, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono considerate fiscalmente residenti in Italia, senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri di collegamento previsti dalla normativa (residenza civilistica, domicilio, iscrizione anagrafica).

Inoltre, per effetto delle modifiche introdotte, l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente acquisisce il valore di una presunzione relativa (e non più assoluta) di residenza fiscale in Italia: vale, quindi, salvo prova contraria che può essere fornita dal contribuente.

Rimane fermo, infine, il criterio della residenza ai sensi del codice civile così come il principio dell’alternatività dei diversi criteri.

 

Società ed enti, nuovi criteri per la residenza

La circolare evidenzia, poi, come secondo le nuove regole siano considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Si tratta di tre criteri alternativi, ossia basta che ricorra uno solo di essi per configurare la residenza in Italia, l’importante è che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta. Rispetto alle precedenti regole, in sostanza, il presupposto della sede dell’amministrazione viene declinato nei concetti della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale e viene eliminato “l’oggetto principale” come criterio per stabilire la residenza.

Le nuove regole sono in vigore dal 1° gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, per quelli per cui l’esercizio non coincide con l’anno solare la nuova determinazione della residenza è efficace dal periodo successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023. 

Ebat Foggia: contributo per lavoratori agricoli con figli o coniuge con invalidità superiore al 74%

C’è tempo per la presentazione delle domande fino al 6 dicembre 2024

Il Comitato della CIALA-EBAT, Ente Bilaterale Agricolo della Provincia di Foggia e dei comuni di Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli, ha deliberato l’assegnazione per l’anno 2024 di un contributo a favore di lavoratori agricoli, assunti sia a tempo determinato che a tempo indeterminato e residenti nella provincia di Foggia e nei comuni di Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli, con figli o coniuge conviventi aventi un’invalidità superiore al 74%.
La domanda potrà essere presentata dalle lavoratrici e/o lavoratori, occupati nelle imprese agricole della provincia di Foggia e nei comuni di Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli, che applicano il contratto collettivo provinciale dei lavoratori agricoli e florovivaisti della provincia di Foggia in regola con il versamento dei contributi. Il Comitato precisa che i richiedenti dovranno risultare iscritti negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli OTI ed OTD della provincia di Foggia, con almeno 51 giornate nell’anno 2023. Per i residenti fuori dalla provincia di competenza della Cassa ma regolarmente occupati nelle imprese di cui sopra, valgono gli stessi diritti, a condizione che dichiarino di non aver richiesto identico contributo ad altra Cassa.
Alla domanda dovrà essere allegata la seguente documentazione:
– copia del documento di riconoscimento del richiedente;
– copia buste paga dei rapporti di lavoro relativi all’anno 2023, o copie modelli UNILAV anno 2023 o CU 2024;
– certificato attestante la condizione di invalidità superiore al 74%;
– attestazione ISEE 2024 con un valore non superiore a 20.000,00 euro;
– per i Comuni di Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli, da allegare anche i prospetti riepilogativi F24 dell’INPS e le quietanze di pagamento dell’anno 2023;
– autocertificazione stato di famiglia;
– attestazione coordinate bancarie del richiedente.
Le domande potranno essere presentate tramite Patronato, inviate all’indirizzo pec o a mano presso gli uffici entro le ore 12:00 del 6 dicembre 2024.

CCNL Funzioni Locali: resoconto incontro all’Aran

Prosegue la trattativa per il rinnovo contrattuale 2022-2024 con posizioni ancora distanti

La Fp-Cgil ha informato sul resoconto dell’incontro tenutosi all’Aran per il rinnovo contrattuale del CCNL Funzioni Locali 2022-2024. Per quanto riguarda la Sigla, l’esito dell’incontro non è stato soddisfacente, sia per il confronto avuto per il trattamento economico delle ferie, sia sul sistema delle relazioni sindacali. Non è stata ben accolta la proposta da parte dell’Aran di incrementare il fondo dello straordinario con risorse etero finanziate o quello delle elevate qualificazioni sacrificando, a detta del sindacato, le risorse per le stabilizzazioni o il budget per le progressioni tra aree che si sommano al blocco del turn over previsto nel disegno di legge di bilancio 2025. La Fp-Cgil chiede l’istituzione della quarta Area, presente anche negli altri comparti pubblici, con il riconoscimento del trattamento retributivo. La proposta dell’Agenzia di prorogare l’istituto delle progressioni tra aree in deroga al 30 giugno 2026 per sanare i ritardi delle amministrazioni è stata ritenuta insufficiente.
Inoltre, si registra anche l’assenza del rifinanziamento dello 0,55% del monte salari. In previsione dell’approvazione della legge di bilancio 2025, questa percentuale verrà ridotta ulteriormente per effetto della riduzione del turn over al 75%. Per favorire l’attrattività del lavoro nel comparto delle funzioni locali si dovrebbe puntare, ribadisce la sigla, su stipendi adeguati a sostenere il costo della vita e adeguati livelli occupazionali. 

Controlli sui beneficiari dell’Assegno di inclusione, le modalità

Il caso dell’omessa comunicazione del reddito da avvio di attività di lavoro dipendente in corso di erogazione della misura (INPS, messaggio 31 ottobre 2024, n. 3624).

L’INPS ha fornito le modalità di attivazione del controllo basato sullo scenario di rischio riguardante l’avvio di attività di lavoro dipendente in corso di godimento dell’Assegno di inclusione (ADI), non dichiarata dai componenti del nucleo familiare. Infatti, il diritto all’ADI è riconosciuto sulla base di specifici requisiti che devono essere posseduti dal nucleo familiare al momento della presentazione della domanda e mantenuti per l’intera durata di fruizione del beneficio.

Pertanto, allo scopo di effettuare le necessarie verifiche sul possesso di tali requisiti, l’INPS ha introdotto una serie di controlli preventivi, che si fondano sulla consultazione dei dati e delle informazioni presenti negli archivi informatici a disposizione dell’INPS, nonché su specifici scenari di rischio.

Dichiarazione dell’avvio di attività di lavoro dipendente 

L’articolo 3, comma 5 del D.L.n. 48/2023 e l’articolo 8, comma 8 del D.M. n. 154/2023, prevedono che, in caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso di fruizione dell’ADI, il componente del nucleo che ha avviato un’attività di lavoro dipendente deve provvedere alla comunicazione del reddito derivante dall’attività all’INPS entro 30 giorni dalla data di avvio della medesima, secondo le modalità definite dall’INPS.

Per l’adempimento di questi obblighi di comunicazione, l’INPS ha reso disponibile il modello “ADI-Com Esteso”, utilizzabile dal 18 marzo 2024. Sono tenuti alla presentazione di tale modello tutti i componenti del nucleo familiare che abbiano avviato un’attività di lavoro dipendente in corso di godimento del beneficio o percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano la corresponsione di una indennità, anche se non ricompresa nella scala di equivalenza dell’ADI.

Il reddito da lavoro, le indennità o i benefici percepiti dichiarati nei modelli “ADI-Com Esteso” sono oggetto di valutazione ai fini del mantenimento del diritto alla prestazione in relazione alle soglie di reddito familiare previste dall’articolo 2, comma 2, lettera b), numero 2 del D.L. n. 48/2023 e non determinano, in attuazione dell’articolo 3, commi 5 e 7 del medesimo decreto-legge e dell’articolo 8, commi 8 e 11, del D.M. n. 154/2023, variazioni dell’importo mensile entro il limite massimo di 3.000 euro lordi annui, calcolati per l’intero nucleo familiare.

L’omessa comunicazione del reddito 

A partire dal mese di giugno 2024 sono state avviate le attività di controllo previste dallo scenario di rischio in argomento, che consistono nella verifica relativa all’omessa presentazione del modello “ADI-Com Esteso” per tutte le domande di ADI in stato “accolta” nel caso in cui uno o più componenti del nucleo familiare abbiano avviato un’attività di lavoro dipendente o percorsi di politica attiva del lavoro in corso di erogazione del beneficio.

In caso di omessa comunicazione, la procedura ADI provvede a sospendere l’erogazione del beneficio, nel quale risulti:

– la presenza di un componente del nucleo familiare dichiarato ai fini ISEE che abbia avviato, in corso di fruizione del beneficio, un’attività lavorativa dipendente o percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano la corresponsione di una indennità;
– che il componente lavoratore non abbia provveduto alla presentazione del modello “ADI-Com Esteso” entro 30 giorni dall’avvio dell’attività lavorativa.
L’INPS segnala anche che in base ai criteri sopra illustrati, verranno effettuati controlli anche con riferimento ai pagamenti già disposti per le precedenti competenze.

 

Sospensione della prestazione e decadenza

 

Le domande individuate tramite l’applicazione dello scenario di rischio in commento con le modalità indicate precedentemente sono poste in stato “sospesa”, con la motivazione procedurale: “Mancata comunicazione della variazione occupazionale per avvio di lavoro dipendente o iniziative di politica attiva che prevedano indennità, entro 30 gg (art. 3, co. 5 e 7, D.L. 48/2023 conv. in L. 85/2023)” e l’indicazione in nota del/dei rapporti di lavoro individuati.

La presentazione del modello “ADI-Com Esteso” determina la verifica del mantenimento del diritto al beneficio e l’eventuale riduzione dell’importo mensile, laddove necessario. La sospensione non pregiudica il riconoscimento delle mensilità arretrate, non erogate in attesa della presentazione del modello.

Qualora entro 3 mesi dall’avvio dell’attività lavorativa o dei percorsi di politica attiva per il lavoro, il componente che abbia avviato l’attività o i percorsi non abbia provveduto alla presentazione del modello “ADI-Com Esteso”, la prestazione, salvo diversa indicazione, viene posta centralmente in decadenza.

 

Trattamento fiscale da applicare a somme oggetto di sequestro preventivo intestate al FUC

 

Arrivano chiarimenti dall’Agenzia delle entrate sul corretto trattamento fiscale da applicare alle somme oggetto di sequestro preventivo intestate al Fondo Unico di Giustizia (FUG) e sulla corretta determinazione della ritenuta alla fonte da applicare alle restanti prestazioni di previdenza complementare (Agenzia delle entrate, risposta 30 ottobre 2024, n. 213).

Secondo l’articolo 1 del TUIR il presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6.

Come già chiarito dall’Agenzia delle entrate nella risposta del 28 maggio 2019, n. 167, la nozione di “possesso” va assunta come relazione materiale tra soggetto e reddito, che si sostanzia nella materiale possibilità di fruizione del reddito.

Nella fattispecie sottoposta al parere dell’Agenzia, l’istante rappresenta di aver versato al Fondo Unico di Giustizia (FUG), a seguito di verbale di esecuzione di decreto di sequestro preventivo, una quota parte delle posizioni individuali di previdenza complementare di due suoi aderenti.

L’articolo 61, comma 23, del D.L. n. 112/2008 nell’istituire il predetto FUG, prevede, infatti, che allo stesso affluiscono le somme di denaro sequestrate nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione o di irrogazione di sanzioni amministrative.

Allo stesso fondo affluiscono altresì i proventi derivanti dai beni confiscati nell’ambito di procedimenti penali, amministrativi o per l’applicazione di misure di prevenzione o di irrogazione di sanzioni amministrative.

Nel caso di specie, l’istante, in sede di risposta alla richiesta di documentazione integrativa, ha dichiarato che l’importo destinato al FUG è stato immediatamente vincolato al ricevimento del verbale di sequestro preventivo e reso indisponibile all’aderente.

Al riguardo l’Agenzia sottolinea come a seguito del suddetto verbale, l’aderente non abbia più la disponibilità delle somme destinate al FUG, fino al termine del procedimento che potrà concludersi con la definitiva confisca delle somme o, al contrario, con la restituzione delle stesse. In tale ultimo caso, sarà l’istante a restituire le somme all’aderente.

Ne consegue, pertanto, che tali somme, al momento del versamento al FUG, non costituiscono reddito per gli aderenti,  e per tale motivo l’istante non dovrà applicare alcuna ritenuta. Analogamente, l’istante non sarà tenuto ad operare alcuna ritenuta nell’ipotesi in cui l’Autorità giudiziaria emani un provvedimento di confisca delle somme in questione, con trasferimento definitivo delle stesse al FUG.

Oltre a ciò, l’Agenzia chiarisce come nel caso di specie siano applicabili le disposizioni contenute nell’articolo 20 del TUIR, vigente fino al 31 dicembre 2006, per le prestazioni maturate fino al 2006, e le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 252/2005 per le prestazioni maturate dal 2007.
In particolare, riguardo all’imputazione dei vari montanti di previdenza complementare delle predette somme, risulta corretto imputare prioritariamente gli importi maturati fino al 31 dicembre 2006 e, per l’eccedenza, gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, nei limiti di quello che residua dall’eventuale anticipazione.

L’irrilevanza fiscale delle somme destinate al FUG comporterà l’esclusione di tali importi dal conguaglio fiscale sulla tassazione separata dell’anticipazione erogata all’aderente.

Riguardo all’ipotesi in cui gli importi destinati al FUG interessino solo parzialmente un montante, l’Agenzia ritiene che l’imputazione fra le componenti esenti e le componenti imponibili del singolo montante debba avvenire in proporzione fra le componenti esistenti.
Conseguentemente, l’istante, nel corrispondere le somme riferite ai montanti residui agli aderenti, dovrà liquidare gli importi imputandoli in modo proporzionale fra le componenti esenti e le componenti imponibili dello stesso singolo montante, applicando l’aliquota della ritenuta alla fonte di cui all’articolo 14, comma 4, del D.Lgs. n. 252/2005.

Viene, infine, chiarito che nel caso di dissequestro delle somme, il Fondo dovrà procedere al ricalcolo della tassazione delle prestazioni di previdenza complementare, tenendo conto anche delle somme restituite dal FUG e corrisposte agli aderenti.