INPS: trattamento di integrazione salariale per le imprese di rilevante interesse strategico

21 febb 2022 L’Inps ha fornito alcune precisazioni sullla proroga del trattamento di integrazione salariale in favore di imprese di rilevante interesse strategico nazionale.

In via eccezionale, le imprese con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, possono presentare domanda di proroga del trattamento di integrazione salariale per una durata massima di ulteriori 26 settimane fruibili fino al 31 marzo 2022.
I datori di lavoro interessati possono presentare domanda di CIGO con la causale “COVID 19 – D.L. 4/2022”, per un periodo di durata massima pari a 13 settimane – collocabile anche in continuità con i precedenti periodi di trattamento autorizzati – e fruibile entro e non oltre il 31 marzo 2022.
I medesimi datori, con separata domanda, possono chiedere una proroga del predetto periodo, sino ad un massimo di ulteriori 13 settimane, completando in tal modo le complessive 26 settimane previste; anche tale periodo di proroga deve essere richiesto con la causale “COVID 19 – D.L. 4/2022”, ed è fruibile entro e non oltre il 31 marzo 2022.
Le domande per periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa decorrenti da data anteriore al 28 febbraio 2022 devono essere inviate entro e non oltre il 31 marzo 2022; le domande per periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° marzo 2022 devono essere inviate entro e non oltre il 30 aprile 2022.
I datori di lavoro che hanno già trasmesso domande di cassa integrazione con una causale ordinaria per periodi parzialmente o totalmente sovrapposti ai periodi per i quali intendono chiedere i trattamenti previsti, possono chiedere l’annullamento delle istanze già presentate prima di inviare le nuove domande con la causale “COVID 19 – D.L. 4/2022”.
I datori che hanno in corso un trattamento di cassa integrazione salariale straordinaria e che devono sospendere il programma di CIGS a causa dell’interruzione dell’attività produttiva per effetto dell’emergenza epidemiologica, possono anch’essi accedere al trattamento di integrazione salariale ordinario previsto dall’articolo 22, per una durata massima di 26 settimane, fino al 31 marzo 2022.
A seguito dell’adozione del decreto che sospende la CIGS, i datori di lavori provvederanno a inoltrare all’Istituto istanza di autorizzazione ai trattamenti di cassa integrazione salariale in questione, per i periodi stabiliti dal decreto.
Dette istanze devono essere trasmesse all’Istituto utilizzando la causale “COVID 19 – DL 4/22 – sospensione CIGS”.
Per i trattamenti in argomento non è dovuto alcun contributo addizionale e che durante i periodi di integrazione salariale le quote di TFR maturate dai lavoratori restano a carico del datore di lavoro, pertanto, i datori di lavoro soggetti alla disciplina del Fondo di Tesoreria dovranno versare al predetto Fondo le quote di TFR maturate dal lavoratore durante il periodo di integrazione salariale.
Il conguaglio delle integrazioni salariali erogate ai propri dipendenti deve essere effettuato, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata dell’autorizzazione o dalla data del provvedimento di concessione, se successivo; tale termine di decadenza si applica altresì laddove la denuncia Uniemens generi un saldo a credito per l’azienda.

Con riferimento alla compilazione dei flussi Uniemens, ai fini del conguaglio dei trattamenti di integrazione salariale anticipati dai datori di lavoro ai propri dipendenti, si precisa che i datori di lavoro dovranno utilizzare il codice di conguaglio che verrà comunicato dall’Istituto tramite il servizio “Comunicazione bidirezionale” presente all’interno del Cassetto previdenziale aziendale, unitamente al rilascio dell’autorizzazione all’integrazione salariale.
Per tutti gli eventi di cassa integrazione ordinaria gestiti con il sistema del ticket, i datori di lavoro o i loro consulenti/intermediari dovranno indicare in <CodiceEventoGiorn> di <EventoGiorn> di <Giorno> il codice evento “COR” (“Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria Richiesta”), sia in caso di cassa integrazione richiesta (non ancora autorizzata) sia dopo aver ricevuto l’autorizzazione; dovrà essere altresì indicato il codice “T” in “TipoEventoCIG” e il relativo ticket in <IdentEventoCig>.
Ulteriore trattamento di integrazione salariale in favore di imprese di rilevante interesse strategico nazionale ai sensi dell’art. 22 del decreto legge 27 gennaio 2022, n.4. (Causale – Covid 19 – d.l. 4/2022)
Per le prestazioni che eccedono i limiti di fruizione, successivamente all’autorizzazione, per il conguaglio delle prestazioni anticipate, i datori di lavoro, all’interno dell’elemento <CongCIGOAltCaus> presente in DenunciaAziendale/ConguagliCIG/CIGAutorizzata/CIGOrd/CongCIGOACredito/CongCIGOAltre, valorizzeranno il codice di nuova istituzione ” L088″, avente il significato di “Conguaglio CIGO art 22 Decreto – legge 27 gennaio 2022, n. 4”, e nell’elemento <CongCIGOAltImp> l’indicazione dell’indennità ordinaria posta a conguaglio relativa all’autorizzazione non soggetta al contributo addizionale.
Per le prestazioni che non eccedono i limiti di fruizione, i datori di lavoro utilizzeranno il codice conguaglio già in uso “L038” (cfr. la circolare n. 9/2017).
Ulteriore trattamento di integrazione salariale ordinaria per le aziende che si trovano in cassa integrazione straordinaria ai sensi dell’art. 22 del decreto legge 27 gennaio 2022, n.4. (Causale -COVID 19 -sospensione CIGS)
Per le prestazioni che eccedono i limiti di fruizione, successivamente all’autorizzazione, per il conguaglio delle prestazioni anticipate, i datori di lavoro, all’interno dell’elemento <CongCIGOAltCaus> presente in DenunciaAziendale/ConguagliCIG/CIGAutorizzata/CIGOrd/CongCIGOACredito/CongCIGOAltre valorizzeranno il codice di nuova istituzione “L089”, avente il significato di “Conguaglio CIGO – COVID 19 -sospensione CIGS art. 22 del decreto legge 27 gennaio 2022, n.4”, e nell’ elemento <CongCIGOAltImp> l’indicazione dell’indennità ordinaria posta a conguaglio relativa all’autorizzazione non soggetta al contributo addizionale.
Per le prestazioni che non eccedono i limiti di fruizione, i datori di lavoro utilizzeranno il codice conguaglio già in uso “L038”.
Nell’ipotesi di cessazione di attività, il datore di lavoro potrà effettuare il conguaglio della prestazione erogata tramite flusso Uniemens di regolarizzazione riferito all’ultimo mese di attività e comunque entro i termini di decadenza delle autorizzazioni.

Sanzioni ai lavoratori over 50 non vaccinati: nessun ritardo del Garante privacy

È destituita di ogni fondamento l’affermazione che il Garante per la protezione dei dati personali abbia rallentato o bloccato l’attuazione della norma che individua le sanzioni per i cittadini e i lavoratori ultra 50enni sottoposti all’obbligo di vaccinazione contro il Covid-19 (GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI  – Comunicato 18 febbraio 2022)

 

La norma in oggetto (d.l. n. 52/2021) – che dà attuazione alle disposizioni in tema di certificazioni verdi Covid-19 e di obblighi vaccinali per cittadini ultracinquantenni, nonché per il personale delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica coreutica e musicale e degli istituti tecnici superiori – è entrata in vigore il 1° febbraio 2022, ma il Ministero della salute ha inviato al Garante la richiesta di parere sullo schema di decreto che dà attuazione a tale quadro normativo solo in data 15 febbraio 2022.

Il Garante, come sempre in questi casi, si è occupato della questione con la massima urgenza, rilasciando il parere positivo sullo schema di decreto oggi stesso, dopo due soli giorni dalla ricezione della documentazione.

Il testo del decreto, che già recepisce le indicazioni fornite dal Garante nel corso dell’istruttoria e le considerazioni espresse durante la specifica audizione in Parlamento, prevede che i trattamenti di dati personali connessi all’attuazione dell’obbligo vaccinale e alle nuove modalità di verifica del green pass in diversi contesti (scuola, lavoro) avvengano nel pieno rispetto della normativa sulla privacy, adottando misure di garanzia appropriate per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi delle persone fisiche.

Nuova Irpef e abolizione dell’Irap: i chiarimenti del Fisco

Il Fisco fornisce le indicazioni sulle novità relative alla tassazione dell’Irpef e all’esclusione dall’Irap per le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, così come previsto dall’ultima Legge di Bilancio (L. n. 234/2021) e si sofferma sulle modifiche alle aliquote e agli scaglioni d’imposta, sulla rimodulazione delle detrazioni da lavoro dipendente e assimilati, da pensione, da lavoro autonomo e altri redditi, oltre a riportare alcuni esempi e simulazioni di casi pratici. (Agenzia delle entrate – Circolare n. 4 del 18 febbraio 2022)

La nuova Irpef, come modificata dalla Legge di Bilancio 2022, viene rimodulata su 4 aliquote invece che 5 (23%, 25%, 35%, 43%). Si passa, quindi, dal 27% al 25% per la seconda aliquota relativa ai redditi da 15.001 fino a 28.000 euro, dal 38% al 35% per i quelli fino a 50mila euro, mentre i redditi superiori vengono tassati al 43%, con la soppressione della vecchia aliquota del 41%.

Chi non è riuscito ad adeguare per tempo i software per la lavorazione delle buste paga, per esempio, potrà applicare le modifiche normative entro il mese di aprile 2022, con un conguaglio per i primi tre mesi dell’anno.

Tra i soggetti esclusi dall’applicazione dell’Irap rientrano le persone fisiche esercenti attività commerciali titolari di reddito d’impresa (art. 55 Tuir) residenti nel territorio dello Stato. Fuori dal perimetro dell’imposta anche le persone fisiche esercenti arti e professioni (art. 53, comma 1 Tuir). Restano, invece, assoggettate a Irap le persone fisiche esercenti arti e professioni in forma associata.

Crediti contributivi: il decorso del termine prescrizionale

Per le contribuzioni del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, il termine di prescrizione è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. La notifica del verbale ispettivo dell’INPS costituisce atto idoneo ad interrompere la prescrizione. (Corte di Cassazione, Sentenza 18 febbraio 2022, n. 5418)

 

Il caso

Il Tribunale di Catania ha ritenuto prescritti i crediti vantati dall’INPS per contributi e sanzioni relativi ad un lavoratore dipendente di un’azienda in fallimento, considerando non applicabile il mantenimento del termine decennale di prescrizione di cui all’ art. 3, comma 9, lett. a) L. n. 335 del 1995, in quanto non era stata prodotta in causa la denuncia presentata dal lavoratore e non era sufficiente che di tale denuncia vi fosse menzione nel verbale ispettivo. Il Tribunale ha pure osservato che il meccanismo del termine decennale di prescrizione operasse unicamente verso l’imprenditore in bonis e non nei confronti della curatela, in quanto soggetto terzo rispetto al rapporto di lavoro e a quello previdenziale.
Ciò posto, il Tribunale ha dichiarato la prescrizione in ragione del decorso del termine quinquennale tra l’epoca delle omissioni contributive accertate nel verbale ispettivo e l’istanza di insinuazione al passivo.
Avverso la decisione l’INPS ha proposto ricorso per cassazione.

La decisione

La Corte, decidendo sulla questione della opponibilità del meccanismo del termine decennale di prescrizione al solo imprenditore in bonis e non alla curatela fallimentare ha richiamato il disposto normativo secondo cui, per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, il termine di prescrizione “è ridotto a cinque anni” “salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti” nei quali si ritiene applicabile il termine di prescrizione decennale.
La stessa Corte ha, inoltre, riaffermato, nel caso di specie, il principio di diritto della piena idoneità della notifica del verbale ispettivo dell’INPS ad interrompere la prescrizione.

Bonus in busta paga: chiarimenti

A decorrere dal 1° gennaio 2022, in caso di reddito complessivo compreso tra 15.001 e 28.000 euro, il requisito di “capienza” previsto per il riconoscimento del cd. “bonus in busta paga” deve essere verificato in relazione al reddito complessivo e non soltanto ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, come per i redditi fino a 15.000 euro (Agenzia delle Entrate – Circolare 18 febbraio 2022, n. 4/E).

In materia di trattamento integrativo, a decorrere dal 1° gennaio 2022, il beneficio è riconosciuto in base alle seguenti regole:
– nell’ipotesi in cui il reddito complessivo non è superiore a 15.000 euro, qualora vi sia “capienza” dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente e assimilati rispetto alle detrazioni da lavoro dipendente e assimilati; in tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare pari a 1.200 euro;
– nell’ipotesi in cui il reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro, qualora vi sia, oltre al requisito di cui al precedente punto, anche “incapienza” dell’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie, rispetto alle detrazioni di lavoro dipendente e assimilati, per carichi di famiglia, per oneri sostenuti entro il 31 dicembre 2021 e rateizzati; in tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare:
– pari alla differenza tra la somma delle suindicate detrazioni d’imposta e l’imposta lorda;
– comunque non superiore a 1.200 euro annui.
Si riportano di seguito degli esempi per meglio comprendere il funzionamento delle nuove disposizioni.

ESEMPIO DI CALCOLO (Reddito complessivo pari a 14.000 euro)

Si ipotizzi il caso di un contribuente che abbia un reddito complessivo pari a 14.000 euro derivante esclusivamente da un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (per 365 giorni).
Occorre, innanzitutto, verificare la “capienza” dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente rispetto alle detrazioni previste dall’articolo 13, comma 1, del TUIR.
Successivamente occorre appurare che il lavoratore abbia un reddito complessivo non superiore a 15.000 euro e calcolare l’importo del trattamento integrativo spettante tenendo conto che il predetto trattamento va rapportato al periodo di lavoro nell’anno.
Pertanto, per un lavoratore impiegato per l’intero anno 2022 il cui reddito da lavoro è di 14.000 euro, l’importo dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente è pari a 3.220 euro, la detrazione da lavoro dipendente spettante è pari a 1.880 euro, l’imposta netta sui predetti redditi è pari a 1.340 euro (la prima condizione richiesta dalla norma, relativa alla capienza, risulta, quindi, rispettata). Atteso che tale contribuente ha un reddito complessivo pari a 14.000 euro per l’anno 2022 e che ha lavorato per 365 giorni, ha diritto a una somma pari a 1.200 euro, a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito.

ESEMPIO DI CALCOLO (Reddito complessivo pari a 25.000 euro)

Si ipotizzi, il caso di un contribuente che abbia un reddito complessivo pari a 25.000 euro derivante da un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (per 365 giorni) per un importo pari a 18.000 euro e da redditi agrari pari a 7.000 euro. Per l’anno d’imposta 2022, tale lavoratore ha il coniuge a carico, ha sostenuto spese per interessi passivi pari a 4.000 euro per un mutuo agrario contratto il 10 giugno 2021 e fruisce della seconda rata riferita a spese, sostenute nell’anno 2021, per interventi di recupero del patrimonio edilizio ex articolo 16-bis del TUIR pari a 3.000 euro.
Occorre, innanzitutto, verificare la “capienza” dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente rispetto alle detrazioni previste dall’articolo 13, comma 1, del TUIR.
Successivamente occorre verificare che vi sia “incapienza” dell’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie, rispetto alle detrazioni di cui alle precedenti lettere da a) a g).
Occorre, infine, verificare se il reddito complessivo non è superiore a 28.000 euro e, poi, calcolare l’importo del trattamento integrativo teorico spettante tenendo conto che il predetto trattamento va rapportato al periodo di lavoro nell’anno e deve essere pari alla differenza tra la somma delle predette detrazioni d’imposta e l’imposta lorda. Tale importo non può, comunque, essere superiore a 1.200 euro annui.
Pertanto, per un lavoratore impiegato per l’intero anno 2022 il cui reddito da lavoro è di 18.000 euro, l’importo dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente è pari a 3.970 euro, la detrazione da lavoro dipendente spettante è pari a 2.825 euro, l’imposta netta sui predetti redditi è pari a 1.145 euro (la prima condizione richiesta dalla norma, relativa alla capienza, risulta, quindi, rispettata).
Successivamente occorre verificare che vi sia “incapienza” dell’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie rispetto alle detrazioni di cui alle precedenti lettere da a) a g):
– imposta lorda, pari a 5720 euro;
– ammontare detrazioni lavoro dipendente, pari a 2.185 euro;
– ammontare detrazioni per carichi di famiglia, pari a 690 euro;
– ammontare detrazioni per interessi passivi di mutuo agrario (1.500 x 19/100), pari a 760 euro;
– ammontare della seconda rata di detrazione di cui all’articolo 16-bis del TUIR, pari a 3.000 euro;
– totale detrazioni, pari a 6.635 euro.
Nell’esempio appena descritto, la differenza fra imposta lorda e detrazioni è, pertanto, pari a meno 915 euro (la seconda condizione richiesta dalla norma, relativa alla incapienza, risulta, quindi, rispettata). Atteso che tale contribuente ha un reddito complessivo pari a 25.000 euro per l’anno 2022 (e quindi non superiore a 28.000 euro) e che ha lavorato per 365 giorni, ha diritto a una somma pari a 915 euro, a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito.
Qualora la differenza di cui sopra risulti di un ammontare pari, ad esempio, a 1.400 euro, spetterebbe, a titolo di trattamento integrativo, una somma pari a 1.200 euro, limite massimo prescritto dall’articolo 1, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 3 del 2020.