Contenzioso amministrativo INPS: le disposizioni del nuovo Regolamento

L’INPS illustra le disposizioni in materia di ricorsi amministrativi che ricadono nella competenza dei propri Comitati contenute nel nuovo Regolamento approvato il 18 gennaio 2023 dal Consiglio di Amministrazione (INPS, circolare 17 maggio 2023, n. 48).

Il “Regolamento in materia di ricorsi amministrativi di competenza dei Comitati dell’INPS” sostituisce il previgente del 2013 e disciplina in un’unica fonte il contenzioso amministrativo relativo a tutte le gestioni previdenziali dell’INPS, a supporto dell’attività dei Comitati e nell’ottica di favorire una significativa deflazione del contenzioso giurisdizionale.

 

Il nuovo Regolamento dispone sulle procedure relative alla trattazione e definizione dei ricorsi amministrativi di competenza dei Comitati e delle Commissioni che operano presso l’Istituto a livello sia centrale che periferico, compresi i Comitati di vigilanza delle gestioni autonome. L’ambito di applicazione del Regolamento è stato inoltre esteso, nei limiti della compatibilità, anche ai ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti in materia di prestazioni previdenziali ed entrate contributive relative al Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo e al Fondo Pensione Lavoratori Sportivi, da presentare al Direttore regionale competente.

 

Vengono indicati, tra l’altro, termini e modalità di presentazione dei ricorsi, cause di inammissibilità, improcedibilità e di cessata materia del contendere, tempistiche per la definizione degli stessi.

 

Modalità di presentazione del ricorso

 

Il ricorso deve essere presentato esclusivamente in modalità telematica, o direttamente dall’interessato o per il tramite degli Istituti di patronato o altri intermediari abilitati.

 

Nel caso di presentazione diretta da parte del soggetto interessato che si avvale degli strumenti previsti per l’accesso ai servizi on line dell’Istituto, è proprio l’utilizzo di tali strumenti informatici che costituisce garanzia di riferibilità del ricorso al ricorrente, per cui non è richiesta la sottoscrizione.

 

Nell’ipotesi diversa di presentazione attraverso intermediari o Patronati, invece, il ricorso deve recare la firma del rappresentante dell’Istituto di patronato o del mandatario, al quale deve essere stato rilasciato – in fase di ricorso ovvero anche in una fase precedente – regolare mandato da allegare al ricorso medesimo.

 

L’utilizzo di altre forme di comunicazione telematica certificata (quali, la Posta Elettronica Certificata), utilizzabile da parte del ricorrente o dell’intermediario abilitato, nella sola eventualità di mancanza della procedura telematica dedicata, garantisce la riferibilità al ricorrente solamente se il ricorso riporta la firma olografa dello stesso e la scansione del documento d’identità.

 

Termini di impugnazione

 

Il Regolamento prevede diversi termini per la presentazione del ricorso che si calcolano, prevalentemente, a decorrere dalla data di ricezione del provvedimento da impugnare, non computandosi il giorno in cui cade il momento iniziale del termine e prorogandosi al giorno seguente non festivo il termine che scade in giorno festivo.

 

Costituisce eccezione, ad esempio, la proposizione dei ricorsi ai Comitati di vigilanza, relativamente ai provvedimenti di pensione, allorquando la decorrenza parte dalla data di ricezione del primo pagamento della prestazione, salvo che il provvedimento risulti spedito con l’utilizzo di posta raccomandata.

 

Nello specifico i termini fissati sono i seguenti:

 

90 giorni per i ricorsi dinanzi ai Comitati periferici/centrali della gestione lavoratori privati avverso il provvedimento emesso dall’Istituto;

 

30 giorni per i ricorsi amministrativi dinanzi ai Comitati di vigilanza avverso i provvedimenti in materia di prestazioni previdenziali ed entrate contributive relative al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo e al Fondo Pensioni per gli Sportivi Professionisti, nonché per i ricorsi al Comitato amministratore della Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti avverso il provvedimento di rigetto della domanda di trattamento di integrazione salariale ordinaria. In questo ultimo caso specifico, atteso che i ricorsi sono considerati ricevibili fino a quando risultino pendenti i termini di legge per proporre l’azione giudiziaria (60 giorni dalla notifica o conoscenza del provvedimento), al fine di evitare che i datori di lavoro, facendo affidamento sul più ampio arco temporale a loro disposizione per la proposizione del ricorso, incorrano in incolpevoli decadenze, l’INPS precisa che la nuova tempistica troverà applicazione con riferimento ai provvedimenti di diniego notificati successivamente alla data di pubblicazione della circolare in commento. 

 

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 del Regolamento, in caso di mancata adozione del provvedimento da parte della Struttura territoriale, il termine entro il quale è possibile presentare ricorso amministrativo decorre dal 121° giorno successivo a quello della presentazione della domanda, salvo non sia diversamente previsto.

 

Inammissibilità, improcedibilità e cessazione della materia del contendere

 

Il ricorso è inammissibile: qualora sia presentato in forma cartacea; sia rivolto a impugnare un atto emanato da un soggetto diverso dall’Istituto; sia carente di uno o più elementi essenziali; tratti di materia non riconducibile all’ambito di competenza dell’Istituto; sia presentato prima che sia emesso il provvedimento e non siano ancora scaduti i termini normativamente previsti per l’emissione del provvedimento; sia presentato da persona non legittimata ad agire o in difetto di interesse concreto e attuale, avverso un provvedimento sul quale il Comitato si sia già pronunciato o qualora sia presentato oltre i termini di decadenza dell’azione giudiziaria stabiliti dalle norme applicabili alla fattispecie.

 

Costituiscono causa di improcedibilità del ricorso il sopraggiungere di fatti successivi alla sua presentazione che facciano venire meno l’interesse concreto e attuale alla modifica del provvedimento impugnato, o l’intervento di una pronuncia giudiziale di merito, anche non definitiva, relativa al medesimo oggetto del ricorso.

 

La cessazione della materia del contendere si configura nel caso in cui l’Istituto adotti un provvedimento pienamente satisfattivo delle pretese del ricorrente e la stessa è rilevabile in qualsiasi fase del procedimento, anche qualora la fase istruttoria sia effettuata dalla Direzione centrale competente.

 

Decisione del ricorso

 

Conclusasi la fase istruttoria del ricorso amministrativo, a cui provvedono le Strutture territoriali competenti o le Direzioni centrali nelle materie di propria competenza, il ricorso deve essere deciso entro il termine di 90 giorni decorrente dalla data di ricezione dello stesso, tuttavia, il Comitato può esaminare i ricorsi e assumere le relative decisioni anche dopo la scadenza del suddetto termine.

 

Nuove partite IVA: criteri modalità e termini per analisi del rischio

L’Agenzia delle entrate, in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 35, commi 15-bis.1 e 15-bis.2 del D.P.R. n. 633/1972 introdotti dalla Legge di bilancio 2023, ha definito i criteri, le modalità e i termini per l’analisi del rischio ed il controllo delle nuove partite IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 17 maggio 2023, n. 156803).

Secondo l’articolo 35 comma 15-bis D.P.R. n. 633/72, l’attribuzione del numero di partita IVA comporta l’effettuazione di controlli automatizzati per individuare elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso, nonché l’eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell’attività.

Lo scopo è la verifica dei dati forniti dai soggetti per la loro identificazione ai fini IVA. L’esito negativo della verifica comporta l’emanazione di un provvedimento di cessazione della partita IVA e l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (VIES).

 

Il comma 148 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2023 ha previsto un’ulteriore tipologia di controlli connessi al rilascio di nuove partite IVA e al comma 149 è stata introdotta una specifica sanzione di euro 3.000 da irrogare contestualmente all’emanazione dei provvedimenti di cessazione della partita IVA. Dunque, con il provvedimento del 17 maggio 2023, n. 156803, l’Agenzia delle entrate mira a definire le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 148. In particolare il citato comma 148 ha inserito all’articolo 35 del D.P.R. n. 633/72, dopo il comma 15-bis, i commi 15-bis.1 e 15-bis.2, rivolti principalmente alle partite IVA di nuova attribuzione, caratterizzate da brevi cicli di vita o da ridotti periodi di operatività, associati al sistematico inadempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte.

Di conseguenza l’Agenzia effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio e all’operatività delle partite IVA, al fine di individuare tempestivamente i soggetti che presentano criticità o anomalie in relazione alla sussistenza dei requisiti soggettivi e/o oggettivi, nonché alla violazione degli obblighi tributari.

 

Gli elementi su cui fondare la valutazione del rischio sono:

– elementi di rischio riconducibili al titolare della ditta individuale, al lavoratore autonomo o al rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica. Tali elementi possono riguardare sia la presenza di criticità nel profilo economico e fiscale del soggetto sia la manifesta carenza dei requisiti di imprenditorialità, nonché di professionale e abituale svolgimento dell’attività del medesimo;

– elementi di rischio relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività, rispetto ad anomalie economico-contabili nell’esercizio della stessa, strumentali a gravi o sistematiche condotte evasive;

– elementi di rischio relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA per il quale emergano gravi o sistematiche violazioni delle norme tributarie.

Completate le suddette analisi, i soggetti titolari di partita IVA che risultano presentare elementi di rischio sono invitati a comparire di persona presso l’ufficio competente, secondo le modalità e i tempi previsti dall’ordinamento tributario. Tale comparizione personale è finalizzata alla verifica dei profili di rischio propri del titolare della ditta individuale, del lavoratore autonomo o del rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, a cui è attribuita la partita IVA.

In caso di mancata comparizione del contribuente o mancanza degli elementi idonei a dimostrare l’insussistenza dei profili di rischio, l’ufficio notifica al medesimo il provvedimento di cessazione della partita IVA e contestualmente viene irrogata la sanzione prevista dall’articolo 11, comma 7-quater del D.Lgs. n. 471/1997. I suddetti provvedimenti di cessazione e di irrogazione della sanzione sono emessi dall’ufficio territorialmente competente.

Infine, al comma 15-bis.2, articolo 35, D.P.R. n. 633/1972, è stabilito che, in caso di cessazione della partita IVA effettuata ai sensi dei precedenti commi 15-bis e 15 bis.1, il soggetto destinatario del provvedimento può successivamente richiedere l’attribuzione di partita IVA, solo previa presentazione di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria, a favore dell’Amministrazione finanziaria, della durata di tre anni e per un importo, in ogni caso, non inferiore a euro 50.000. In caso di eventuali violazioni fiscali avvenute prima dell’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme ancora dovute se superiori a euro 50.000.

 

Incremento dell’indennità di congedo parentale, le istruzioni dell’INPS

Fornite le indicazioni di carattere amministrativo e operativo in relazione al settore privato circa l’elevazione del beneficio fino all’80% della retribuzione (INPS, circolare 16 maggio 2023, n. 45).

L’INPS ha reso note le istruzioni amministrative e operative relative all’indennità di congedo parentale per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, elevata dal 30% all’80% della retribuzione, come disposto dall’articolo 1, comma 359, della Legge 29 n. 197/2022 (Legge di bilancio 2023), attraverso la modifica al comma 1 dell’articolo 34 del D.Lgs 2 n. 151/2001.

Nello specifico, anche se la misura trova applicazione in riferimento sia ai lavoratori dipendenti pubblici, sia a quelli privati, la circolare in commento dell’INPS si riferisce soltanto a questi ultimi. 

Elevazione dell’indennità all’80% della retribuzione per un mese

La Legge di bilancio 2023 ha disposto l’elevazione dell’indennità all’80% (invece del 30%) della retribuzione di un solo mese dei 3 spettanti a ciascun genitore, non trasferibili all’altro, a condizione che la mensilità indennizzata all’80% della retribuzione sia fruita entro i 6 anni di vita (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento) del minore.

Si sottolinea che il mese indennizzato all’80% della retribuzione è uno solo per entrambi i genitori e può essere fruito in modalità ripartita tra gli stessi o da uno soltanto di essi, precisando che la fruizione “alternata” tra i genitori non preclude la possibilità di fruirne nei medesimi giorni e per lo stesso figlio, come consentito per tutti i periodi di congedo parentale.

Inoltre, l’elevazione all’80% della retribuzione dell’indennità in trattazione si applica anche ai genitori adottivi o affidatari/collocatari e interessa tutte le modalità di fruizione del congedo parentale: intero, frazionato a mesi, giorni o in modalità oraria.

Decorrenza e modalità di presentazione della domanda

La nuova previsione normativa interessa solamente i genitori che terminano (anche per un solo giorno) il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2022.

La domanda di congedo parentale deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei consueti canali, ovvero: tramite il portale dell’INPS, se si è in possesso di identità digitale (SPID almeno di livello 2, CIE, CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili dalla home page > “Lavoro” > “Congedi, permessi e certificati”; tramite il Contact center integrato oppure tramite gli Istituti di patronato.

Infine, la circolare si conclude con le istruzioni relative alle modalità di esposizione dei dati relativi al congedo parentale nel flusso UniEmens.

 

 

 

CCNL Pubblici Esercizi (Confcommercio): incontro al Ministero con le organizzazioni sindacali e datoriali

Aumenti contrattuali e conseguente detassazione, contrasto alla precarietà e al lavoro irregolare e un approfondimento sul part -time tra gli argomenti dell’incontro 

Il 9 maggio si sono incontrate le organizzazioni sindacali, le associazioni datoriali stipulanti il CCNL Pubblici Esercizi e i delegati del Ministro del Lavoro al fine di dare riscontri alle aziende e ai dipendenti dei settori Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva, Ristorazione Commerciale e Turismo per un celere rinnovo del Contratto.
Le Associazioni datoriali hanno chiesto un intervento ministeriale volto ad aumentare le maggiori risorse economiche per fronteggiare la situazione di difficoltà creata dalla pandemia, dall’inflazione e dal conseguente aumento dei costi delle materie prime.
Per quanto riguarda, invece, i sindacati sono stati reclamati interventi voti ad evitare la precarietà, il lavoro irregolare e  l’uso sproporzionato del part-time verticale. A tal proposito si è proposto ai delegati del Ministero del Lavoro l’erogazione del bonus di 550,00 euro anche per l’anno 2022 e l’individuazione di soluzioni strutturali di sostegno economico.
Altro tassello importante richiamato dalle parti stipulanti è la detassazione degli aumenti contrattuali e dei premi di produzione.
Il Ministero del Lavoro ha invitato le parti a formalizzare le loro richieste, fermo restando la necessità soprattutto per le risorse economiche, di un intervento del Ministero dell’Economia.

CIPL Edilizia Industria – Trentino Alto Adige: siglato l’accordo di rinnovo

Concluso positivamente l’accordo tra sindacati e collegio dei costruttori edili

Il Contratto Integrativo Provinciale entrato in vigore l’11 maggio 2023 e con validità fino al 31 dicembre 2025, porta con sé buone novità per i lavoratori edili e delle costruzioni.
Sono stati infatti previsti, a partire dal prossimo anno, tra i 50,00 euro ed 80,00 euro lordi in più in busta paga.
Altra notizia interessante è l’erogazione di una Una Tantum della somma di 200,00 euro nello stipendio di dicembre.
Questo è quanto stato pattuito nel confronto tra i sindacati ed il collegio costruttori per il contratto integrativo relativo al triennio 2023 – 2025.
Vista altresì l’avanzamento dell’inflazione, l’Accordo ha previsto anche l’aumento del buono pasto che sarà pari ad euro 7,00.
In aggiunta, le parti di cui sopra, hanno dato luogo ad una trattativa circa la possibilità per il personale di ricevere nuovamente il 50% del loro salario in caso di malattie brevi, ossia meno di tre giorni, per un massimo di due volte all’anno.