Tutela dell’indotto delle grandi imprese: le misure a favore dei lavoratori dipendenti

Prevista l’integrazione al reddito in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa (D.L. 2 febbraio 2024, n. 9).

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio il D.L. n. 9/2024 recante le “Disposizioni urgenti a tutela dell’indotto delle grandi imprese in stato di insolvenza ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria”.

Il provvedimento, approvato nel Consiglio dei ministri del 31 gennaio scorso ed entrato in vigore il 3 febbraio, stabilisce all’articolo 4 misure per il sostegno e l’accesso alla liquidità delle piccole e medie imprese che forniscono beni e servizi a imprese di carattere strategico ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria. In particolare, per quel che riguarda gli interventi urgenti per fronteggiare eventuali crisi occupazionali dei lavoratori dipendenti dell’indotto delle imprese strategiche, prevede una integrazione al reddito, con relativa contribuzione figurativa.

Le misure di sostegno per i lavoratori dipendenti

In sostanza (articolo 4, comma 1), ai lavoratori subordinati, impiegati alle dipendenze di datori di lavoro del settore privato che sospendono o  riducono  l’attività lavorativa  in  conseguenza della sospensione o riduzione dell’attività  lavorativa di imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale viene riconosciuta, per il 2024 nel limite di spesa di 10 milioni di euro, dall’INPS una  integrazione al reddito, con relativa contribuzione figurativa, nella  misura  pari a quella prevista per le integrazioni salariali dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 148/2015, per un periodo non superiore a 6 settimane

Tuttavia, le integrazioni al reddito in questione sono incompatibili con tutti i trattamenti di  integrazione salariale di cui al citato D.Lgs. n. 148/2015 (articolo 4, comma 5). Peraltro, i periodi di utilizzo dell’integrazione al reddito autorizzati non sono  conteggiati ai fini delle durate massime complessive dei trattamenti di integrazione  salariale di cui agli articoli 4, 12, 22 e 30 del  D.Lgs. n. 148/20215 e in relazione a queste integrazioni al reddito non è dovuto il contributo addizionale (comma 6). 

Le imprese ammesse

Ma quali sono le aziende che possono rientrare nel concetto di indotto delle imprese strategiche?

Il D.L. n. 9/2024 individua (articolo 4, comma 2) il nesso causale della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nella monocommittenza o nell’influsso gestionale prevalente esercitato dall’impresa committente. Si ha influsso gestionale prevalente, quando, in relazione ai contratti aventi a oggetto l’esecuzione di opere o la prestazione di servizi o la produzione di beni o semilavorati che costituiscono l’oggetto dell’attività produttiva o commerciale dell’impresa committente, la somma dei corrispettivi risultanti dalle fatture emesse dall’impresa destinataria delle commesse nei confronti dell’impresa committente, acquirente o somministrata abbia superato, nel biennio precedente all’entrata in vigore del decreto in commento, il 70% del fatturato  complessivo dell’impresa destinataria delle commesse.

Le modalità

Con un apposito accordo quadro tra le associazioni  datoriali e  le associazioni  sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale dei settori interessati, da stipularsi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono individuate le modalità di  sospensione  e riduzione dell’attività lavorativa anche con ricorso alla rotazione dei lavoratori (articolo 4, comma 3), al fine di garantire la continuità aziendale e i più  elevati livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro

In particolare, (articolo 4, comma 4) i datori di  lavoro, previa  comunicazione delle cause di sospensione o di riduzione  dell’orario di lavoro, dell’entità e della durata prevedibile, del numero dei lavoratori interessati, con il richiamo all’accordo quadro, alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria, nonché alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, trasmettono, esclusivamente in via telematica, la domanda di  accesso al trattamento di integrazione al reddito all’INPS, con l’elenco nominativo dei lavoratori interessati e l’indicazione dei periodi  di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, dichiarando la sussistenza dei requisiti richiesti.

Le integrazioni al reddito in argomento sono erogate direttamente dai datori di lavoro ai dipendenti alla fine  di
ogni periodo di paga (comma 7). Il relativo importo viene rimborsato dall’INPS ai datori di lavoro o da questi ultimi conguagliato, a  pena  di decadenza (articolo 7, comma 3 del D.Lgs. n.  148/2015). In alternativa,  i datori di lavoro possono richiedere che il trattamento di sostegno al reddito  sia  pagato  direttamente dall’INPS  ai lavoratori, senza obbligo di produrre la documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa.

 

Incumulabilità tra pensioni e redditi da lavoro

L’INPS ricorda che, in caso di mancato rispetto del regime di non cumulabilità tra le pensioni e i redditi da lavoro, la pensione verrà sospesa e le mensilità pagate indebitamente saranno recuperate (INPS, comunicato 30 gennaio 2024).

L’INPS provvede a informare i propri utenti sul regime di incumulabilità della pensione con i redditi da lavoro al momento in cui comunica il provvedimento di liquidazione della pensione, in applicazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa.

 

In particolare, per le pensioni quota 100, quota 102 e per le pensioni anticipate flessibili è prevista, a partire dal primo giorno dalla decorrenza della pensione e fino a quando non si maturano i requisiti per la pensione di vecchiaia, la non cumulabilità con i redditi provenienti sia da lavoro dipendente, sia da lavoro autonomo. 

 

È dunque previsto un obbligo di comunicazione: infatti, i pensionati con quota 100, quota 102 o pensione anticipata flessibile, prima del compimento dell’età prevista per il pensionamento di vecchiaia, sono tenuti a dichiarare all’INPS eventuali redditi da lavoro, sia dipendente che autonomo, che potrebbero influire sull’incumulabilità della pensione.

 

Un’eccezione a tale regime di incumulabilità è prevista per i redditi da lavoro autonomo occasionale, purché non superino i 5.000 euro di compensi lordi annui.

 

A tal proposito l’Istituto precisa che ai fini del calcolo del limite dei 5.000 euro lordi, si considerano tutti i redditi annuali derivanti da lavoro autonomo occasionale, anche quelli riconducibili all’attività svolta nei mesi dell’anno precedente la decorrenza della pensione e/o successivi al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

Credito d’imposta per le ZES in caso di acquisto di immobile con patto di riservato dominio

Arrivano chiarimenti dall’Agenzia delle entrate sul credito di imposta per le ZES in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di un immobile con patto di riservato dominio (Agenzia delle entrate, risposta 29 gennaio 2024, n. 23).

L’articolo 4 del D.L. n. 91/2017, recante disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno, al fine di favorire la creazione di condizioni favorevoli per lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché l’insediamento di nuove imprese, ha previsto la possibilità di istituire le ZES all’interno delle quali tali imprese possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.

 

Il comma 2, dell’articolo 5 del citato D.L. prevede che in relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d’imposta di cui all’articolo 1, commi 98 e seguenti, della Legge n. 208/2015, sia commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2023 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Tale credito di imposta è esteso, inoltre, all’acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all’ampliamento di immobili strumentali agli investimenti.

 

In relazione al caso di specie, l’istante rappresenta l’intenzione di acquisire un immobile, mediante stipula di un contratto di vendita con riserva di proprietà a favore del venditore (c.d. vendita con patto di riservato dominio).

Sul punto, l’Agenzia delle entrate osserva che, in relazione al Bonus Mezzogiorno, espressamente richiamato dalla disciplina agevolativa riservata agli investimenti nelle ZES, già con la circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 è stato chiarito che l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione segue le regole generali di competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR. In particolare, le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i beni mobili, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Gli oneri relativi alle prestazioni di servizi direttamente connesse alla realizzazione dell’investimento, non compresi nel costo di acquisto del bene, rilevano ai fini della determinazione dell’investimento stesso e si considerano sostenuti alla data in cui esse sono ultimate.

 

L’Agenzia evidenzia che il medesimo articolo 109 del TUIR, al comma 2, lettera a), prevede che, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, i corrispettivi delle cessioni si considerino conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerino sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà.

 

Pertanto, posto che gli investimenti rilevanti ai fini della fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nelle ZES possono essere, in linea di principio, effettuati attraverso contratti di acquisto con riserva della proprietà, l’imputazione dell’investimento al periodo di vigenza dell’agevolazione dovrà avvenire senza tener conto della clausola di riserva della proprietà.

CCNL Terziario (Sistema Commercio – Confsal): prorogato il contratto fino al 2026

Al fine di garantire una situazione di stabilità sul piano normativo ed economico le Parti Sociali hanno definito la proroga del contratto

Il 29 dicembre 2023 si sono incontrati la Confederazione delle Imprese e dei Professionisti – Sistema Impresa (già Sistema Commercio e Impresa), Aifos – Associazione ltaliana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro, e la Federazione italiana Sindacati Industria Commercio Artigianato – Fesica Confsal, con l’assistenza della Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi dei Lavoratori – Confsal, per definire il rinnovo del contratto per i dipendenti del terziario, commercio, distribuzione e servizi del 1° luglio 2013.
Vista la scadenza del contratto, le Parti Sociali al fine di garantire alle imprese ed ai lavoratori del settore una situazione di stabilità sul piano normativo ed economico, si sono incontrate per il rinnovo dello stesso. Tra i soggetti stipulanti si è aggiunta anche l’Associazione Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro – Aifos, in qualità di associazione operante nel campo delle attività formative inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Pertanto è stata definita la sostituzione dell’art. 235 come segue: “1. Il presente contratto decorre dal 1° maggio 2023 e avrà scadenza al 30 aprile 2026. 2. Le parti, alla luce del condiviso principio di ultravigenza, concordano che il contratto si intenderà rinnovato per ulteriori tre annualità se non disdetto, tre mesi prima della scadenza, con raccomandata a/r. In caso di disdetta, il contratto resterà in vigore fino a che non sia stato sostituito dal successivo contratto nazionale. 3. Le parti s’impegnano reciprocamente ad incontrarsi ogni sei mesi al fine di monitorare in modo costante I’evoluzione della situazione nel settore e per valutare eventuali modifiche ed integrazioni, anche alla luce della prossima uscita degli accordi Stato – Regioni in materia di formazione sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. 

CCNL Alimentari Cooperative: aperta la trattativa per il rinnovo

Le richieste dei Sindacati sono l’aumento dei minimi di 300,00 euro, la riduzione dell’orario di lavoro di lavoro a 36 ore settimanali e potenziamento del welfare 

Il 31 gennaio è iniziata la trattativa per il rinnovo del CCNL applicabile ai lavoratori dipendenti da aziende cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici e lavorazione prodotti alimentari, scaduto lo scorso 30 novembre.
Le Segreterie nazionali di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil hanno illustrato la piattaforma unitaria alla parti datoriali, mettendo innanzitutto in evidenza la crescita del settore alimentare soprattutto per quanto riguarda l’export, il fatturato, la produttività e l’occupazione. 
A tal proposito, è stato richiesto un aumento dei salari minimi di 300,00 euro e una riduzione dell’orario di lavoro a 36 ore, con l’obiettivo di migliorare  le esigenze di vita e quelle professionali.
E’ stata, inoltre, evidenziata la necessità di intervenire sul mercato del lavoro, con l’obiettivo di contrastare forme di precarietà, di potenziare le misure di welfare contrattuale, di incrementare le tutele inerenti alla salute e sicurezza del lavoratore.
Fissati, anche, i prossimi appuntamenti per il 22 febbraio, il 13 marzo in sede tecnica e il 27 marzo in plenaria.